JACK
BLUE
INDIA



Il primo che ricordo era Zaino e Bandiera.
Jack.
Viaggiava pesante. Con tutte le cose che servivano.
E diceva tutto. Tutto, per filo e per segno.
L'ultimo è una piuma.
Pieno di vuoti silenziosi da condividere. Spazi per gli altri. Per leggere in pace tra le righe. Per rispondergli da dentro.
I viaggi di Jack sono Jack.
Ed è un regalo esserne parte.
Un percorso lungo mille posti, fatto di anni, di incontri, di separazioni e nuovi incontri. Di profonde solitudini e compagnie.
Si dice che Jack abbia paura dei silenzi assoluti. Ma io non ci ho mai creduto.
Perché l'assoluto è ciò che dopo cinquanta stati, centomila laghi, montagne e mari, milioni di occhi, litri e litri di parole, pensieri, sogni strani e conversazioni assurde, Jack cerca sempre, imperterrito, in ogni angolo di mondo dove sta, perfino nel più fangoso.
Con lo zaino sempre più vuoto, le pagine sempre più bianche, la testa sempre più leggera e la certezza, ormai solidissima, di non avere più bisogno di cose né di parole. Solo di pelle e cuore.
Jack in fondo l'ha sempre saputo, ma da bravo essere umano, ha aspettato la saggezza per capirlo veramente. Per attaccarselo alla pelle e diventare esattamente quello che è sempre stato.
È l'età. Bella da sentire scorrere.
Dopo l'ultima avventura, dopo l'ultima vetta, Jack si guarda indietro e sorride. Guarda avanti e sorride.
Si guarda i piedi e sorride ancora di più.
Col doppio dei piedi e il doppio dei denti.

Barbara Ciolli


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